Fossa Quadara è un altopiano che si affaccia, nel suo lato nord, sul lago artificiale di Licodia Eubea, posto a 5 chilometri circa dal centro abitato. La zona risulta frequentata già in epoca preistorica, come attesta l'abbondante materiale litico presente sul territorio, con il nucleo abitativo più a monte, su una delle colline che affiancano il fiume. Su un rialzo pianeggiante posto sulla riva destra del fiume Dirillo, che si innesta nel lago artificiale, è situato un numero cospicuo di sepolture di età tardo romana.
Nel corso del 1970 venne indagato il piccolo sepolcreto sub divo, formato da circa quaranta fosse terragne lunghe e strette, rivestite e ricoperte da scaglie di arenaria locale e lastre di roccia, disposte su file parallele con predominante orientamento ovest-est. A causa delle alterne vicende della diga Ragoleto le acque hanno in parte cancellato le tracce del gruppo sepolcrale.
Il sepolcreto è stato analizzato da A. M. Fallico, che ha ritenuto interessati i dati forniti dalla necropoli per effettuare una più puntuale ricostruzione del territorio che si estende lungo il corso del fiume Acate/Dirillo, innestandosi nell'altopiano modicano, area che dovette essere "...soprattutto in epoca romana e bizantina fittamente costellato di villaggi e di fattorie per il decentramento delle masse agricole nelle campagne" (P. Orsi, Notizie degli Scavi 1915).
Si tratta per lo più di tombe con un'unica sepoltura, la cui tipologia è costante e tipica dei sepolcreti siciliani di epoca romana tarda presenti nell'entroterra ibleo, in particolare quelli del caltagironese, della Michelina presso Modica e di quelle dislocate nei dintorni di Chiaramonte. Il gruppo cimiteriale si differenzia invece dalle tipologie tombali presenti nei centri di Vizzini e Licodia dove prevalgono gli ambienti funerari ipogeici. Questo fu probabilmente dovuto alla natura del terreno, che qui non si prestava allo scavo a causa della friabilità della roccia calcarea. La disposizione del sito è molto simile a quella della necropoli di Mazzarrone, ad una notervole distanza dal letto del fiume. Anche per questa necropoli si può supporre che le abitazioni a cui faceva riferimento dovettero essere poste più in alto, su cime più interne.
Dalle sepolture sono state recuperate una lucerna (di tipo Ponsch IV C) con croce monogrammatica, di importazione africana della fine del IV secolo d. C., e due brocchette acrome con solcature, più tarde. I materiali di corredo devono essere considerati nel loro complesso e nell'ambito della vita della necropoli che risulta attiva già alla fine del IV, prolungandosi fino agli inizi V secolo d. C., periodo nel quale sembrano rientrare la maggior parte delle necropoli tarde del territorio ibleo. I fittili sono oggi conservati nel Museo Archeologico di Ragusa. La lucerna africana attesta ancora una volta le relazioni tra Africa e Sicilia, ben documentate nei secoli III - V d.C., e conferma come importante via di diffusione di questi prodotti quella che seguiva, risalendolo, il letto del Dirillo. Il sepolcreto testimonia inoltre la salda presenza dell'ambiente religioso cristiano nella fascia settentrionale del territorio ragusano, che si manifestò in un momento posteriore rispetto i gruppi chiaramontani.
Bibliografia
A.M. Fallico, Necropoli romana tarda alla diga del Dirillo. Scheda topografica per il ragusano, in "Archivio storico per la Sicilia orientale", anno LXVIII (I).